Infrazionabilità del credito da fatto illecito: danni a cose e danni fisici vanno richiesti congiuntamente è quanto affermato dalla Cassazione con l’ordinanza del 25 gennaio 2023 n. 2278.
La Corte di Cassazione torna ad esprimersi su di un caso molto ricorrente nelle aule giudiziarie, provando a superare le resistenze di clienti e avvocati nell’adottare strategie difensive poco rispettose di orientamenti ormai consolidati
Il caso
Tizio conveniva in giudizio Roma Capitale, davanti al Tribunale di Roma, chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni personali da lui subiti in conseguenza del sinistro stradale verificatosi in Roma, in data …, a causa di radici di alberi presenti sul manto stradale, non segnalate, che avevano provocato la sua caduta dalla moto. A sostegno della domanda esponeva di aver in precedenza già promosso un separato giudizio, davanti al Giudice di pace di Roma, per i danni alla moto derivanti dal medesimo incidente, giudizio che si era concluso con una sentenza di condanna di Roma Capitale ormai passata in giudicato.
Il Tribunale rigettava la domanda ritenendo che la stessa fosse improponibile per l’illegittimo frazionamento del credito.
La sentenza veniva impugnata in Corte d’Appello che la rigettava. Essa motivava tenendo ingiustificata la proposizione di un separato giudizio per il risarcimento delle lesioni personali in quanto, al momento della proposizione della domanda per il risarcimento del danno alla moto, Tizio non si era ancora sottoposto a visita medico legale per l’accertamento dei postumi, quindi ingiustificatamente aveva deciso di avviare il primo giudizio senza attendere i tempi della sua guarigione.
«La scelta di agire separatamente per il danno al motociclo e per il danno alla persona non era stata determinata, quindi, dall’effettiva incertezza sul consolidamento degli esiti negativi della sua malattia; per cui la proposizione in due diversi giudizi delle domande di risarcimento dei danni derivanti da un unico incidente si risolveva in un abuso dello strumento processuale».
Tizio insoddisfatto, proponeva ricorso in Cassazione.
Tra gli altri motivi, il ricorrente lamentava che non si era tenuto in debito conto il fatto che egli si era riservato, nel proporre azione innanzi al Giudice di pace, di agire in separata sede per le lesioni, in quanto i postumi non si erano ancora stabilizzati.
«La sentenza impugnata, osserva il ricorrente, avrebbe omesso di pronunciarsi sulla questione, posta nei motivi di appello, relativa al momento esatto in cui egli aveva effettivamente avuto consapevolezza della stabilizzazione dei postumi. La Corte d’appello, inoltre, non avrebbe esaminato l’espressa riserva che l’odierno ricorrente aveva posto, nel momento in cui aveva inoltrato la prima domanda risarcitoria davanti al Giudice di pace, di agire separatamente per i danni alla persona. Si tratta, nella prospettazione del ricorrente, di omissioni decisive che rendono viziata la sentenza impugnata».
Ma la Cassazione è chiara e perentoria nel sostenere il suo costante orientamento e replica a chiare lettere come segue.
«5.1. La questione giuridica posta all’esame del Collegio riguarda il c.d. frazionamento del credito. Le Sezioni Unite di questa Corte, dopo essersi gia’ pronunciate con la sentenza 15 novembre 2007, n. 23726, sono tornate sull’argomento con la piu’ recente sentenza 16 febbraio 2017, n. 4090, citata nel ricorso. In questa seconda decisione e’ stato stabilito che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benche’ relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi; ove le suddette pretese creditorie, pero’, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo – cosi’ da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attivita’ istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata. Tale principio e’ stato in seguito piu’ volte ribadito e ad esso il Collegio intende dare ulteriore continuita’. Giova poi ricordare che nella materia specifica che costituisce oggetto del giudizio odierno, cioe’ il risarcimento dei danni da responsabilita’ civile, e’ stato in piu’ occasioni affermato il principio per cui non e’ consentito al danneggiato, in presenza di un danno derivante da un unico fatto illecito, riferito alle cose ed alla persona, gia’ verificatosi nella sua completezza, di frazionare la tutela giurisdizionale mediante la proposizione di distinte domande, parcellizzando l’azione extracontrattuale davanti al giudice di pace ed al tribunale in ragione delle rispettive competenze per valore, e cio’ neppure mediante riserva di far valere ulteriori e diverse voci di danno in altro procedimento. Tale disarticolazione dell’unitario rapporto sostanziale nascente dallo stesso fatto illecito, infatti, oltre ad essere lesiva del generale dovere di correttezza e buona fede, per l’aggravamento della posizione del danneggiante-debitore, si risolve anche in un abuso dello strumento processuale (cosi’ la sentenza 22 dicembre 2011, n. 28286, ribadita dalla sentenza 21 ottobre 2015, n. 21318, dalle ordinanze 4 novembre 2016, n. 22503, e 28 giugno 2018, n. 17019, nonche’, sulla stessa lunghezza d’onda, dalla sentenza 6 maggio 2020, n. 8530). Da tale ricostruzione del quadro giurisprudenziale si trae la logica conclusione per cui, pur non essendo totalmente precluso al danneggiato, in astratto, di agire separatamente per due diversi danni che derivano dal medesimo fatto illecito, cio’ puo’ avvenire solo in presenza dell’effettiva dimostrazione, da parte dell’attore, della sussistenza di un interesse obiettivo al frazionamento. Interesse che – e’ bene ribadirlo – non puo’ consistere in una scelta soggettiva dettata da criteri di mera opportunita’ e neppure dalla prospettata maggiore speditezza del procedimento davanti ad uno piuttosto che ad un altro dei giudici aditi (v. in tal senso l’ordinanza 2 maggio 2022, n. 13732)».
In realtà Tizio aveva volutamente agito separatamente senza un valido motivo: non aveva affatto dato dimostrazione che le lesioni non si fossero stabilizzate nel momento in cui aveva agito innanzi al Giudice di pace, anzi «la sentenza impugnata ha posto in luce la singolarita’ della scelta dell’odierno ricorrente di intraprendere il primo giudizio pochissimi giorni prima di una visita medica gia’ fissata proprio per accertare le sue condizioni di salute».
Insomma, difetta proprio quel requisito della correttezza e della buona fede nell’attore che giustificherebbe, in via eccezionale, la proposizione di due azioni separate.
La Corte non può che rigettare il ricorso di Tizio, condannato altresì al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.