Corte di cassazione civile, sez. III, 7 settembre 2023 n. 26135
Con ordinanza 26135 del 7 settembre 2023 la Cassazione fa chiarezza sulle responsabilità di produttore e distributore in caso di prodotti difettosi alla luce della normativa all’uopo prevista dal Codice del Consumo (D. Lgs. 206/2005).
Il caso vede protagonista il foro di Napoli, ripetutamente chiamato a dirimere una controversia abbastanza complessa tra un consumatore e due grandi marchi di automobili.
Sintetizzando al massimo una vicenda processuale iniziata nel lontano 2013 e articolata in diverse fasi e procedimenti, ci limitiamo a dire che Tizio conveniva in giudizio la Volkswagen Group Italia S.p.A in qualità di casa produttrice del veicolo Audi (non si precisa il modello) per sentirla condannare al risarcimento del danno derivante dal malfunzionamento e successiva rottura del cambio automatico della predetta (danno del valore di euro 10.912,00. Si costituiva in giudizio la VGI eccependo il difetto di legittimazione passiva in quanto essa non era né produttrice né venditrice del veicolo, essendo solo distributrice.
Facendo applicazione degli artt. 114 e 116 del Cod. cons., il Tribunale di Napoli Nord rigettava la domanda di Tizio che proponeva appello, insistendo per la responsabilità della VGI. Sosteneva che non vi era dubbio che, data l’appartenenza della Audi al Gruppo Volkswagen ed avendo trattato anche in fase stragiudiziale con il Customer Care Center Audi, che operava per conto del primo, i due marchi si sovrapponessero, generando nel consumatore la convinzione che fossero tutt’uno, anche in punto di responsabilità. La Corte d’Appello di Napoli non la pensava allo stesso modo e rigettava l’appello proposto, confermando la sentenza di primo grado.
Ricorreva Tizio in Cassazione, insistendo nella stessa tesi. La VGI resisteva ugualmente riproponendo le sue stesse argomentazioni: in qualità di mera distributrice, non aveva alcuna responsabilità. Aveva prodotto un certificato cronologico da cui si evinceva che la Audi era la casa produttrice, l’unica direttamente coinvolta e responsabile nella vicenda.
La Cassazione reputa il motivo infondato e rigetta le istanze di Tizio.
Precisa quindi in punto di diritto, partendo proprio dal testo dell’art. 116 Cod. cons. che prevede una responsabilità del fornitore in aggiunta a quella del produttore una ben specifica ipotesi:
“Quando il produttore non sia individuato, e’ sottoposto alla stessa responsabilita’ il fornitore che abbia distribuito il prodotto nell’esercizio di un’attivita’ commerciale, se ha omesso di comunicare al danneggiato, entro il termine di tre mesi dalla richiesta, l’identita’ e il domicilio del produttore o della persona che gli ha fornito il prodotto” (comma 1).
Sulla base di tale assunto, la Corte spiega come segue:
«Il suddetto articolo prevede, nel comma 1, la sottoposizione del fornitore (cioè colui il quale distribuisce il prodotto nell’esercizio di una attività commerciale) a responsabilità quando il produttore non sia individuato, oppure quando il fornitore, trascorso un periodo di tre mesi dalla richiesta del danneggiato, non abbia comunicato all’interessato l’identità ed il domicilio del produttore. La responsabilità alla quale è sottoposto il fornitore sorge quando abbia omesso di ottemperare ad un preciso dovere, cioè comunicare al danneggiato, entro un ristretto lasso di tempo (tre mesi) dalla richiesta, l’identita’ ed il domicilio di chi abbia prodotto il bene difettoso.
Dunque, l’art. 116 cod. consumo è norma che, al ricorrere di certi presupposti, equipara, ai fini della responsabilità, la posizione del fornitore a quella del produttore, allo scopo di consentire al danneggiato di individuare più facilmente il soggetto contro il quale proporre l’azione risarcitoria.
La responsabilità del fornitore è la stessa alla quale e’ sottoposto il produttore, ma non è con essa solidale: essa, infatti, si configura come responsabilità indiretta, in quanto, al ricorrere di determinati presupposti, e’ chiamato a rispondere un soggetto diverso dal produttore, cioè da colui che e’ il responsabile del danno). Invero, la responsabilità del fornitore viene affermata (non sulla base di una ipotetica partecipazione del fornitore al processo produttivo ed a quello causale che ha determinato l’evento dannoso, bensì) allo scopo di indurre il fornitore a rivelare l’identita’ del produttore, in modo che questi risponda dei danni subiti dall’utilizzatore del bene.
Il danneggiato, al fine di ottenere il risarcimento, viene così liberato dall’onere di compiere indagini (che potrebbero essere anche complesse) sull’identità del produttore. Essendo il fornitore il soggetto che ha posto il danneggiato nella disponibilità del prodotto, quest’ultimo potrà rivolgersi direttamente al fornitore, che potra’ sottrarsi ad ogni responsabilità permettendo l’individuazione del fabbricante o dell’importatore».
Orbene, essendo emerso in corso di causa che la VGI fosse solo distributrice del veicolo Audi, realizzato da casa produttrice Audi, la sua estraneità al danno lamentato non poteva essere messa in discussione nonostante la lamentata confusione che i due marchi avessero generato. Se è vero che il danneggiato ha qualificato la VGI come produttrice, questa ha comunque provato documentalmente chi avesse in realtà tale qualifica, a dispetto del fatto che non l’avesse espressamente indicata.
Perciò giustamente il Tribunale di Napoli Nord aveva rigettato la domanda:
«dalle emergenze processuali risultava che la società VGI, convenuta in giudizio, fosse la distributrice/ importatrice in Italia della vettura acquistata dal C., ma non risultava che essa fosse stata la produttrice di tale vettura; la qualifica di “produttrice” di detta società era l’unica dedotta dall’attore a fondamento della domanda risarcitoria proposta»
(…)
«Nel caso di specie è stato accertato in fatto che WGI distribuiva un prodotto fabbricato da AUDI, marca facente parte del più ampio gruppo Wolkswagen.
La diversità di marchio e di nome rende irrilevante la questione della responsabilità del soggetto che, pur non essendo produttore, si presenti come tale apponendo sul prodotto il proprio nome, marchio o altro segno distintivo».
Insomma, la Corte sembra ritiene che si debba andare al di là delle apparenze dettate dalle strategie comunicative all’interno della catena di distribuzione, dovendo sempre procedere alla corretta identificazione delle responsabilità alla luce delle rispettive posizioni e degli oneri imposti dalla normativa del Codice del consumo.
In chiusura la Corte ricorda di aver chiesto alla Corte di giustizia dell’Unione Europea «di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla seguente questione di interpretazione del diritto dell’Unione Europea: “se sia conforme all’art. 3, comma 1, direttiva 85/374/CEE – e, se non sia conforme, perchè non lo sia – l’interpretazione che estenda la responsabilità del produttore al fornitore anche se quest’ultimo non abbia materialmente apposto sul bene il proprio nome, marchio o altro segno distintivo, soltanto perchè il fornitore abbia una denominazione, un marchio o un altro segno distintivo in tutto o in parte coincidenti con quello del produttore”».
Restiamo in attesa di vedere quale riscontro darà il tribunale europeo all’autorevole interrogativo.
Il testo della sentenza allegata è tratto da Banca dati Plus La Tribuna