La Cassazione precisa e distingue: omologazione e autorizzazione degli strumenti di rilevazione elettronica delle infrazioni al CdS non sono equipollenti. Con Ordinanza n. 10505 del 18 aprile 2024 la Suprema Corte ha definitivamente diradato i dubbi sula natura dei due differenti atti, entrambi indispensabili per l’utilizzo degli autovelox su strada.
Il caso prende il via da una opposizione ad un verbale per eccesso di velocità (art. 142, comma 8) presentata da un utente della strada innanzi al Giudice di pace di Treviso, il quale accoglieva l’opposizione e annullava il verbale. Il ricorrente, che era stato sanzionato per aver superato in tangenziale il limite di velocità di 90 km /h , in quanto viaggiava a 97 km /h, contestava la regolarità funzionale dell’apparecchio rilevatore, un RED & SPEED-EVO-L2 (matr. 179) installato in postazione fissa, di proprietà dell’Amministrazione comunale di Treviso.
Il Comune di Treviso proponeva appello presso il Tribunale di Treviso, che lo rigettava, ritenendo legittima la sentenza del giudice di pace in quanto:
“l’accertamento dell’indicata infrazione era avvenuto con
la citata apparecchiatura elettronica senza che fosse stata
preventivamente omologata ai sensi di legge, non risultando rilevante allo
scopo la mera approvazione preventiva di tale mezzo di rilevazione,
siccome non equipollente all’omologazione ministeriale, posto che
quest’ultima autorizza la riproduzione in serie del prototipo di un
apparecchio testato in laboratorio, mentre la semplice approvazione è
riconducibile ad un procedimento di tipo semplificato che non richiede la
comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o
previste da particolari previsioni del regolamento”.
Il Tribunale di Treviso, non contento, proponeva ricorso in Cassazione, la quale, affrontando per la prima volta l’argomento in maniera compiuta, pone le giuste differenze.
Ad avviso del Tribunale ricorrente, la normativa vigente non distingue tra omologazione e autorizzazione, essendo le due operazioni equiparabili:
“l’Ente territoriale sostiene che il disposto dell’art. 142,
comma 6, c.d.s., pur discorrendo della necessità che lo strumento di
misurazione elettronico della velocità debba essere “debitamente
omologato”, non specifica in cosa consista tale operazione, dovendo,
perciò, desumersene il contenuto sulla scorta del coordinamento
sistematico di altre disposizioni normative di riferimento, e,
specificamente, di quelle di cui all’art 45, comma 6, e 201, comma 1-ter,
c.d.s., oltre che di quella prevista dall’art. 4, comma 3, d.l. n. 121/2002,
le quali prescrivono indifferentemente l’approvazione o l’omologazione”.
E’ proprio intorno a tale assunto che si sviluppa l’iter argomentativo della Corte che scardina questa convinzione, diradando i dubbi per il futuro. Così l’introduzione della parte motiva:
“Premesso che è pacifico che l’apparecchio autovelox utilizzato per
l’accertamento a carico del Nalesso non era omologato, la questione
diritto sottoposta all’attenzione del Collegio consiste nello stabilire se
possa ritenersi, sul piano giuridico, equipollente all’omologazione la sola
preventiva approvazione dell’apparecchio (procedimento al quale, invece,
lo stesso strumento elettronico era stato – altrettanto incontestatamente
– sottoposto nel caso in discorso).
Per affrontare adeguatamente la specifica tematica che viene in rilievo in
questa sede è necessario porre, imprescindibilmente, riferimento alle
norme legislative di ordine primario (prevalenti su quelle secondarie e di
carattere regolamentare-amministrativo), e, sulla base delle stesse,
partire da due argomentazioni indiscutibili …”
Segue poi una attenta disamina dei riferimenti normativi dai quali emerge che AUTORIZZAZIONE e OMOLOGAZIONE sono due operazioni distinte, previste con una finalità differente, entrambe indispensabili per la corretta funzionalità e utilizzabilità dell’apparecchio da parte dell’ente pubblico per la rilevazione delle infrazioni. Più nello specifico, l’autorizzazione è prodromica alla omologazione: senza la prima non può esserci la seconda.
Tra le varie norme richiamate, è proprio il regolamento di attuazione al CdS (DPR 495/1992, art. 192) a contemplare la distinzione suddetta, in attuazione dell’art. 45, comma 5, CdS., per cui non può esservi dubbio alcuno che il procedimento di approvazione e quello di omologazione siano momenti distinti con effetti differenti.
“Il procedimento di approvazione
costituisce un passaggio propedeutico (ma comunque dotato di una
propria autonomia) al fine di procedere all’omologazione (costituente,
perciò, frutto di un’attività distinta e consequenziale) dell’apparecchio di
rilevazione elettronica della velocità”.
Su ogni elemento conforme al prototipo omologato o approvato deve essere riportato il numero e la data del decreto ministeriale di omologazione o di approvazione ed il nome del fabbricante” (comma 7, art. 192 cit.).
“L’omologazione ministeriale autorizza la riproduzione in serie di un apparecchio testato in laboratorio, con attribuzione della competenza al Ministero per lo sviluppo economico, nel mentre l’approvazione consiste in un procedimento che non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o con particolari prescrizioni previste dal regolamento”.
“L’omologazione, quindi, consiste in una procedura che – pur essendo amministrativa (come l’approvazione) – ha anche natura necessariamente tecnica e tale specifica connotazione risulta finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico da utilizzare per l’attività di accertamento da parte del pubblico ufficiale legittimato, requisito, questo, che costituisce l’indispensabile condizione per la legittimità dell’accertamento stesso, a cui pone riguardo la norma generale di cui al comma 6 dell’art. 142 c.d.s.”
Da non dimenticare: in caso di contestazione da parte del contravventore, l’onere della prova della corretta funzionalità deve essere fornita dalla P.a. dalla quale dipende l’organo accertatore (da ultimo, Cass. n. 14597/2021); il giudice dovrà, in tal caso, verificare che sussistano entrambe le certificazioni di autorizzazione e omologazione, non essendo sufficienti le semplici dichiarazioni contenute nel verbale di accertamento (Cass. 3335/2024).
Insomma, la Corte ritiene infondato il ricorso e la sua motivazione, rigettandolo: apre così un varco a tutti i contravventori che vorranno contestare apparecchiature non sempre in regola posti a presidio della sicurezza stradale spesso in spregio alle regole dello stesso CdS che intendono tutelare.
Bisognerà vedere che impatto avrà la pronuncia della Cassazione, considerati anche l’imminente approvazione non solo della Riforma del CdS (cd. riforma Salvini), ma anche del cd. Decreto autovelox, il decreto del MIT, atteso da 14 anni, che dopo aver ottenuto l’ok della Conferenza Stato città e il parere favorevole del Garante della privacy, si appresta ad essere pubblicato in G.U. Il ministro Salvini ha annunciato di aver firmato il testo definitivo che il prossimo 28 maggio sarà finalmente pubblicato. Ma questo è un altro discorso e torneremo a breve a parlarne.