Equo compenso. Qual è lo stato dell’arte?
Ottobre sembrava carico di allettanti prospettive.
Si rincorrevano articoli che annunciavano una imminente approvazione. Appuntamento per il 12 ottobre in Parlamento.
Si era parlato di un plafond di 150 milioni di euro all’anno per garantire l’equo compenso ai professionisti. Il pagamento minimo e adeguato per il servizio reso stava per essere disciplinato. Previsioni contenute in uno degli emendamenti al testo approvati dalla commissione Giustizia della Camera.
Noi di AIPED avevamo avanzato le nostre idee nel corso di una audizione sia esponendola con un documento scritto ed inviato a chi di dovere sia presentandola nel corso della audizione stessa.
Nei giorni scorsi le voci si rincorrevano. Diversi articoli avevano affrontato la notizia di una proposta in fieri.
Nella seduta di mercoledì 13 ottobre la Camera dei deputati ha approvato la proposta di legge, di iniziativa Meloni ed altri, titolata “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali” (A.C. 3179-A/R), nonché le abbinate proposte di legge (Meloni ed altri; Mandelli ed altri; Morrone ed altri; Bitonci ed altri; Di Sarno ed altri, e più precisamente A.C. 301-1979-2192-2741-3058).
Il provvedimento passa ora all’esame del Senato.
La proposta di legge (AS n. 2419), presentata lo scorso 25 giugno alla Camera, si poneva l’obiettivo di modificare la normativa attualmente in vigore in materia di equità del compenso delle prestazioni rese dai professionisti.
Rivolta alle professioni che comportano lo svolgimento di una prestazione d’opera intellettuale (articolo 2230 codice civile), che sono regolate da convenzioni o che sono svolte, anche in forma associata o societaria, in favore di imprese bancarie e assicurative (e loro controllate o mandatarie) e delle imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro.
Prevista, all’articolo 3 la nullità delle clausole per compenso non equo.
Con 251 voti favorevoli e nove astenuti, la legge che prevede l’equo compenso per i professionisti è stata votata alla Camera e ora passa al Senato.
Ma qualcosa non è andato nel verso giusto.
Eliminata la copertura finanziaria di 150 milioni di euro annui dal 2022.
Le maggiori critiche raccolte sono queste:
- diverso trattamento riservato ai professionisti iscritti agli Ordini rispetto agli altri; in quanto agli Ordini vengono affidati compiti che vanno oltre le loro competenze, come la possibilità di concordare con le imprese modelli standard di convenzione;
- sanzione per il professionista che accetta un compenso al di sotto della soglia di equità e non è prevista alcuna sanzione per il committente che glielo propone.
- Si continua a insistere sui rapporti professionali regolati da “convenzioni” con banche, assicurazioni e grandi imprese che, però, sono solo una parte dei clienti dei professionisti. Nessun riferimento ai rapporti professionali individuali, relativi cioè alle singole prestazioni, che rappresentano la maggior parte degli incarichi attribuiti dalla P.A. ai professionisti e che rimangono fuori dal campo di applicazione della legge.
- non si spiega perché venga concessa agli ordini il potere di adire l’autorità giudiziaria: non solo la loro funzione è incompatibile con la tutela degli interessi economici dei loro iscritti, ma è altrettanto assurdo che tali azioni possano essere attivate senza il preventivo consenso del professionista interessato.
- censurate anche le tempistiche e le modalità attuate dal governo: il testo era stato presentato a giugno e già bocciato dalla rappresentanza professionale perché inadatto. Poi, dopo mesi di silenzio, la Camera ha chiuso in due giorni, forzando anche il calendario.
Occasione mancata è l’affermazione che ricorre maggiormente.
Già perché se le aspettative erano alte, le tempistiche, le modalità ed i contenuti hanno davvero lasciato interdetti i più. Gli unici a plaudire all’approvazione restano i promotori della proposta. Davvero troppo poco.
Siamo su un terreno minato. Ed un intervento reale e necessario richiede una inversione di rotta rispetto alla proposta appena approvata. Ora riflettori puntati sul Senato.