La Cassazione torna sul tema della responsabilità della P.A. in caso di insidia stradale e lo fa definendo ancora una volta la misura della corresponsabilità del danneggiato e l’incidenza causale della sua condotta sul nesso eziologico.
Il caso è ambientato nel Comune di Fabrizia, provincia di Catanzaro, lungo una strada interpoderale, in una giornata estiva. Una signora passeggiava durante le ore del primo pomeriggio con il marito e gli amici quando cadeva con una gamba in un tombino, coperto da foglie e rami, sito ai margini della strada, sulla banchina, dove ella si era spostata a causa del sopraggiungere di un veicolo. La signora cadendo riportava lesioni personali. Citava quindi il Comune innanzi al tribunale di Vibo Valentia, il quale, con sentenza del 13 novembre 2017, condannava il Comune al risarcimento del danno nella misura di euro 39.153,00.
Il Comune proponeva appello innanzi alla Corte di Catanzaro la quale rigettava il gravame con sentenza del 29 giugno 2021; il Comune proponeva quindi ricorso in Cassazione con un motivo incentrato sull’esatta interpretazione dell’art. 2051 cc.
Riteneva infatti il Comune che non era stato dato il giusto peso alla condotta della danneggiata che, durante la passeggiata, non aveva prestato adeguata attenzione a dove metteva i piedi, tenendo, a suo dire, una condotta abnorme. Tra l’altro, il Comune contestava il carattere comunale della strada teatro del sinistro.
La Corte evidenziava a proposito del carattere comunale della strada che detta circostanza non era in dubbio in quanto era stato accertato in giudizio il carattere interpoderale della stessa, quindi la sua natura di strada pubblica o aperta all’uso pubblico; anzi, la sentenza d’appello aveva espressamente dichiarato che trattavasi di strada comunale e quindi sottoposta alla custodia dell’ente.
Tanto basta per dire che “l’ente pubblico era tenuto alla custodia del bene e, quindi, a far sì che il tombino posto sulla banchina non rimanesse scoperchiato e fosse segnalata la circostanza che era privo di copertura, rispondendo dei danni, ai sensi dell’art. 2051 nel caso di prova di omessa custodia”.
Quanto poi alla disattenzione del danneggiato, la Corte spiega:
“Deve peraltro ribadirsi l’irrilevanza della disattenzione del pedone su strada pubblica, salva l’ipotesi della sua condotta abnorme, in adesione all’orientamento di questa corte (Cass. N. 15761 del 29 luglio 2016 c…), che è condiviso da questo Collegio, secondo il quale “l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 cc, dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura ed alla conformazione della strada e delle sue pertinenze, indipendentemente dalla loro riconducibilità a scelte discrezionali della P.A.; su tale responsabilità può influire la condotta della vittima, la quale, può però assumere efficacia causale esclusiva soltanto ove sia qualificabile come abnorme, cioè estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto, potendo, in caso contrario, rilevare ai fini del concorso causale ai sensi dell’art. 1227 cc”.
Per meglio spiegare il suo pensiero la Corte richiama quindi se stessa e un suo illustre precedente: Cass. 15761/2016, relativa ad una caso di strada comunale “molto sconnessa” contraddistinta da “buche e rappezzi”, lungo la quale era caduto un pedone disattento. In questo caso il pedone non era stato considerato responsabile e l’ente non era andato esente da responsabilità in quanto il “comportamento disattendo dell’utente non è astrattamente ascrivibile al novero dell’imprevedibile” salva l’ipotesi che il danneggiato fosse pienamente a conoscenza dell’esistente insidia (si veda su questo ultimo punto Cass. 23919/2013).
La Corte rigettava il ricorso con condanna alle spese.